20 febbraio 2008

Quartieri popolari: non sempre è fallimento


Lo ZEN (Zona Espansione Nord) di Palermo: qualcuno di voi ne avrà sentito parlare, per altri è qualcosa di totalmente sconosciuto, il cui nome ricorderà più un monastero buddista o un lettore mp3 che un quartiere popolare.


Sorto dal nulla nel 1969 da un progetto dell'architetto Vittorio Gregotti, doveva essere un quartiere popolare modello, l'esempio di quartiere popolare senza problematiche, con aree di ritrovo e parchi e in cui tutto sarebbe stato funzionale ed efficiente. Ma qualcosa allo ZEN andrò storto: oggi è un'area degradata, con molte strade non asfaltate, molte zone del quartiere non sono allacciate dalle fognature e c'è un'altissimo tasso di criminalità.
Il progetto iniziale in effetti era generalmente buono, le costruzioni non erano troppo alte, e tutto il quartiere avrebbo potuto avere un discreto tasso di vivibilità. Però si decise di costruire subito le palazzine, rimandando la costruzione dei servizi. E così, tra una carenza di fondi e l'altra e tra i vari avvitamenti burocratici, non se ne è fatto nulla. E adesso lo ZEN è una delle zone più povere e degradate di Palermo.

Sorte analoga a questa hanno subito le famose vele di Scampia.

Invece un quartiere popolare di Roma, il Corviale, ha subito sorte ben diversa: è costituito unicamente da due palazzi lunghi 980 metri. All'interno di questi palazzi sorgono aree di ritrovo, negozi, perfino una sede dell'anagrafe e un centro della ASL di Roma. Tutto questo ha permesso di mantenere vivo il quartiere, e, nonostante le condanne di molti, è un ottimo esempio di zona popolare costruita rispettando i bisogni degli abitanti, e che non ha portato a condizioni di disagio e ad alti tassi di criminalità.

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